I Non Fungible Token, comunemente chiamati NFT, sono stati uno degli argomenti più trattati dell’ultimo anno, li abbiamo visti applicati nell’arte, nel lusso, nella moda e in moltissimi altri settori. Gli NFT sono anche uno dei tasselli alla base del Web3, la nuova rivoluzione del Web che vede una democratizzazione della gestione dei contenuti online, evitando l’Intermediazione di grandi piattaforme. Con Trusty abbiamo deciso di portare questi concetti nel settore agroalimentari mettendo la tecnologia Blockchain al servizio di una informazione trasparente. Gli NFT hanno caratteristiche che ci hanno permesso di dimostrare come rendere le certificazioni realmente digitali e verificabili universalmente.
In questo articolo introdurremo che cosa sono gli NFT, quali sono i vantaggi dell’utilizzo degli NFT nel settore delle certificazioni e introdurremo il concetto di ClaimNFT ovvero il modo con cui rappresentare una certificazione in Blockchain. Completeremo l’articolo con un esempio pratico di funzionamento su una Blockchain Pubblica.
Che cosa sono gli NFT?
I Non Fungible Token (NFT) che in italiano potrebbero essere tradotti come gettoni non copiabili, sono certificati di “proprietà” digitale. Gli NFT si compongono di una parte di dati registrata su Blockchain (on-chain data) e una parte di dati registrata esternamente (metadata).
La seguente immagine semplifica la differenza tra on-chain data e metadata:
I dati che sono registrati on-chain (dati registrati su Blockchain) garantiscono l’immutabilità e possono essere verificati pubblicamente senza bisogno di nessun intermediario, ma semplicemente esplorando la piattaforma Blockchain mediante un Blockchain Explorer o altro metodo di esplorazione di una piattaforma Blockchain.
I metadata (dati registrati esternamente) tipicamente sono dati pubblicamente accessibili attraverso un url, questo url da accesso alle informazioni legate all’NFT come ad esempio il nome, la descrizione, l’immagine e le caratteristiche.
Le certificazioni nel settore agroalimentare
Certificare un prodotto, un processo o una azienda significa voler aumentare la trasparenza per fornire sicurezza al consumatore e diminuire l’incertezza. Una certificazione è un processo attraverso il quale l’azienda si sottopone ad una procedura di verifica che permette di ottenere un certificato “il quale può essere usato come simbolo di qualità nel mercato per ridurre l’incertezza dei consumatori e, in questo modo, ridurre i costi di transazione”.
Sebbene in Europa ed in Italia (siamo secondi alla Germania) esistono un elevato numero di schemi di certificazione queste possono creare confusione nel consumatore finale. Le certificazioni si possono dividere in base a:
- Certificazioni di prodotto e di processo;
- Certificazione obbligatorie o volontarie;
- Metodi di applicazione;
- Scopo della certificazione;
Ma alla fine tutte le certificazione possono essere definite come: “Atto mediante il quale una terza parte indipendente dalle parti interessate (enti di certificazione, laboratori di prova, centri di certificazione e centri di taratura) attesta con sufficiente livello di fiducia che un determinato prodotto, servizio o processo è conforme a una data norma o regola tecnica”. Tipicamente a seguito del processo di certificazione è possibile utilizzare un marchio o un claim per contraddistinguere l’azienda, il processo o il prodotto.
Tuttavia sebbene esistano oggi dei metodi per la verificabilità dei marchi e dei claim, questi non sempre sono accessibili e pubblicamente consultabili, la verificabilità del claim o della certificazione è qualcosa di non facilmente accessibile. Di seguito vedremo nel dettaglio cosa significa verificare un prodotto biologico e cosa un prodotto d'indicazione geografica protetta (IGP) con gli strumenti pubblicamente accessibili.
Verificabilità del Biologico
In Italia qualsiasi azienda agricola voglia essere certificata biologica deve seguire questo iter:
- inviare tutta la documentazione che riguarda l’azienda ad uno degli organismi riconosciuti e certificati dal MIPAAF
- notificare alla propria Regione che ha avviato la procedura
- dal momento in cui viene inviata la notifica l’azienda è tenuta a rispettare tutte le regole previste dalla normativa sul biologico
- attendere che venga effettuata la conversione
Il periodo di conversione non è affatto breve, dura in media due o tre anni, e serve per garantire che il suolo, gli allevamenti e tutti i processi produttivi non siano più contaminati da tutte quelle sostanze nocive severamente vietate in agricoltura biologica.
Per ottenere una certificazione BIO, un’azienda agricola deve rispettare i seguenti principi:
- no OGM, tutti i semi piantati derivano da altra agricoltura biologica;
- no SOSTANZE CHIMICHE E TOSSICHE come pesticidi, conservanti, coloranti e diserbanti che non siano di origine naturale;
- Gli ANIMALI ALLEVATI devono avere una VITA DIGNITOSA caratterizzata da grandi spazi, aria aperta e alimentazione con foraggio biologico;
- Utilizzo di TECNICHE DI COLTURA come il sovescio o la rotazione che permettono di mantenere i terreni in salute rispettando il loro ciclo naturale.
Il rispetto di questi principi viene effettuato da operatori certificati (è possibile consultare la lista sul sito di ACCREDIA - ente unico nazionale di accreditamento) attraverso ispezioni periodiche e analisi di laboratorio.
Una azienda che quindi ha ottenuto la certificazione BIO può esporre sulla sua etichetta il marchio BIO con le indicazioni relative al numero operatore e numero ente che ha effettuato la certificazione. A questo punto il consumatore può verificare che il produttore è certificato attraverso il SIAN o attraverso portali come organic-bio.com.
Come è possibile vedere il SIAN offre molte più informazioni tra cui l’ente di certificazione (riportato anche in etichetta con la SIGLA IT-BIO-007), la data di scadenza del certificato. La cosa interessante del SIAN è che permette anche di scaricare il pdf del certificato nel quale è possibile vedere tutte le informazioni legate alla certificazione, comprese le date dei controlli. Tuttavia, la mancanza di un registro universale penalizza il consumatore che intende verificare in maniera indipendente il prodotto e l’azienda. I registri nazionali o regionali penalizzano i consumatori internazionali, in un mercato dove è fondamentale la verificabilità indipendente delle informazioni in un contesto globale. Ancora peggiore è la situazione se ci mettiamo nei panni di distributori o aziende che scelgono i prodotti da mettere sui propri scaffali sulla base di certificazioni. In questo caso l’assenza di REST-API, l’assenza di architetture ad eventi rendono questo tipo di processi manuale e penalizzante per aziende virtuose.
Verificabilità del contrassegno DOP, IGP e STG
Le certificazioni DOP (Denominazione di Origine Protetta), IGP (Indicazione Geografica Protetta) e STG (Specialità Tradizionale Garantita) nascono per proteggere la tipicità di alcuni prodotti agroalimentari e sono regolamentati dall’Unione Europea attraverso la normativa Reg. CE 1151/2012.
Queste certificazioni proteggono dei prodotti specifici i quali sono pubblicamente consultabili nel sito del Mipaaf:
Dove oltre a poter consultare i diversi prodotti che hanno ottenuto lo status di DOP, IGP e STG è possibile consultare i disciplinari ovvero i documenti “contratti” che sanciscono quando un particolare prodotto può essere definito I.G.P. o D.O.P. o S.G.T. Il disciplinare e le richieste di pubblicazione di un nuovo prodotto vengono anche registrate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea (esempio su Piadina Romagnola).
I produttori che vogliono ottenere la possibilità di esporre sui propri prodotti il marchio I.G.P., D.O.P. o S.G.T. sono soggetti a controlli e/o ispezioni da Autorità Pubblica di Controllo (APC) che possono essere agenzie territoriali o enti di certificazione.
Tuttavia la situazione relativa alla verificabilità è abbastanza emblematica per questi prodotti, infatti sebbene i loghi siano ampiamente riconoscibili:
Sul prodotto o sull’etichetta non ci sono codici che permettono di verificare che l’azienda segua il disciplinare e sia autorizzata ad esporre il marchio. Anche in questo caso il consumatore non ha nessuno strumento per verificare informazioni e le concessioni relative al marchio. In alcuni casi c’è la possibilità di verificare il marchio grazie al gran lavoro portato avanti dal Istituto Poligrafico Zecca di Stato che attraverso i contrassegni D.O. permette al consumatore di verificare che effettivamente il prodotto e il produttore hanno diritto al marchio e seguono il disciplinare. Tuttavia il contrassegno non è disponibile su tutti i prodotti e sopratutto i prodotti che non hanno numeriche consistenti sono penalizzati facendo difficoltà ad accedere a questo tipo di servizi.
Considerazioni sui due esempi
Riassumendo, abbiamo visto come sia ampiamente descritto e documentato il modo con cui le due certificazioni debbano essere rilasciate, tuttavia l'onere di verifica è lasciato semplicemente agli enti di controllo. In un periodo in cui il consumatore ha bisogno di verificare autonomamente le informazioni ed è necessario automatizzare i controlli al fine di garantire politiche aziendali legate alla sostenibilità in ottica ESG è fondamentale che le certificazioni possano essere verificate senza intermediazione.
Vantaggi della Blockchain nell’agroalimentare
Come trattato anche all’interno di questo blog, la Blockchain proprio perché permette di notarizzare, ovvero garantire l’identità di chi ha dichiarato una certa informazione e la marca temporale della stessa, più volte viene integrata in progetti di tracciabilità nel settore agroalimentare (è possibile approfondire qui). L’obiettivo di questo articolo è fare un passo avanti rispetto alla semplice tracciabilità e quindi introdurre il concetto degli NFT nel settore agroalimentare.
Ripartendo dalla definizione:
I Non Fungible Token sono un modo per dimostrare pubblicamente il possesso di un bene digitale, del quale sempre pubblicamente possono essere visti anche tutti i trasferimenti.
Il ClaimNFT di Trusty
Alla luce di tutte le considerazioni fatte sopra, un Claim / Marchio / Bollino digitale che tuteli il consumatore e permetta di costruire nuovi servizi, deve essere:
- Verificabile in modo indipendente e universale;
- Interoperabile con servizi esterni (anche in modalità real-time);
- Essere fatto a seguito di un percorso di certificazione o controllo standard;
- Rilasciato dallo stesso ente che ha rilasciato la certificazione o che è incaricato di procedere con le ispezioni presso l’azienda;
- Assegnato all’azienda alla quale il certificato / marchio o bollino fanno riferimento;
- Avere il periodo di validità in maniera pubblica e immutabile;
- Poter essere sospeso in qualsiasi momento dall’ente di certificazione;
- Garantire le informazioni relative a:
- Tipo di Certificazione (ad esempio Reg. CE 834/07 e 889/08 s.m. e i. METODO DI PRODUZIONE BIOLOGICO)
- Dati dell’azienda (Nome, Indirizzo, p.iva e codice azienda)
- Dati del prodotto certificato (solo se è una certificazione di prodotto);
- Documento giustificativo;
Alla luce di queste considerazioni, introduciamo il ClaimNFT, un’estensione dello Standard ERC-721 (lo standard dietro gli NFT) con alcune modifiche.
Nello specifico:
- Il token non deve essere trasferibile;
- Il token può essere rilasciato solo da Certification Authority (in questo momento non esistendo un registro pubblico che associa agli enti accreditati da Accredia ad una chiave pubblica, l’Authority sarà la stessa che farà il deploy del contratto);
- Tra i dati gestiti ci deve essere anche il riferimento legato alla validità temporale;
- Deve essere gestito pubblicamente lo status del Claim (”ACTIVE”, “REVOKED” e “SUSPENDED”);
- Deve essere possibile ricevere in tempo reale i cambiamenti sullo stato del Claim.
Di seguito uno schema semplificativo del funzionamento del ClaimNFT:
Il contatto (smart-contract), le interfacce (dapp) e tutti gli strumenti per testare il ClaimNFT sono stati rilasciati da Trusty in maniera Open Source (Qui il codice). Quello che illustreremo adesso è come viene visto il ClaimNFT attraverso una rete pubblica.
Funzionamento del Contratto Pubblico ClaimNFT
Di seguito lo Smart Contract rilasciato su Polygon (visualizzabile anche al seguente link):
Come è possibile vedere sul contratto è stata fatta una transazione:
La transazione rappresentata nella schermata vede la creazione di un token NFT (detto “CLAIM”) con identificativo 1, che viene trasferito a 0x9d…36 (che rappresenta l’azienda che riceve il certificato). La transazione viene fatta da 0xf8..4f (che rappresenta l’ente di certificazione).
Essendo il Claim un NFT è possibile visualizzarlo anche sui principali Marketplace (link su OpenSea), in particolare vengono visualizzati anche i Metadata dove è possibile vedere:
- Il tipo di certificazione;
- Le informazioni aziendali;
- Il tipo di produzione;
- La data di prima emissione;
- La data di validità;
Nella schermata che segue vengono visualizzate tutte queste informazioni:
Inoltre direttamente dalla pagina del contratto (sul Blockchain Explorer) è possibile leggere lo stato del token:
Considerazioni finali
In sintesi quello che abbiamo visto rappresenta il modo con cui una certificazione può essere verificata senza intermediari grazie all’ausilio della tecnologia Blockchain e più in particolare degli NFT.
Il ClaimNFT è uno Smart Contract che permette a un qualsiasi ente di certificazione di assegnare un certificato ad una azienda, che una volta ricevuto potrà esporlo sulle proprie comunicazioni garantendo la verificabilità e dimostrando il processo attraverso il quale è stata ottenuto.
Oggi le organizzazioni di tutto il mondo fanno pressione alle aziende per avere maggiore trasparenza e verificabilità sulle informazioni che danno diritto all’utilizzo di un claim. Il ClaimNFT non elimina il ruolo di Enti di Controllo o Certificazioni, ma aumenta il valore percepito dalle aziende che hanno un metodo standard per dimostrare la verificabilità delle informazioni dietro l’utilizzo di un particolare marchio o claim. Il ClaimNFT viene rilasciato a seguito di una certificazione e deve essere rilasciato dallo stesso Ente garantendo chiunque verifichi una informazione.
Se sei una azienda e vuoi ottenere un ClaimNFT per le certificazioni in tuo possesso, oppure se sei un ente di certificazione e vuoi conoscere meglio il servizio contattaci qui.