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Viaggio in Costa d'Avorio | Capitolo II | Blockchain e filiera del cacao

INCONTRO A TIASSALE CON LA COOPERATIVA

Oggi abbiamo avuto l’incontro con una cooperativa di farmer che stiamo seguendo.

Siamo partiti all’alba sotto un cielo davvero particolare. Da dove alloggiamo ci vogliono circa 3 ore e mezzo per raggiungere il luogo dove opera la cooperativa. La strada non è relativamente lunga ma bisogna considerare che un’ora abbondante si perde nel traffico per attraversare tutta la città di Abidjan.

Il caos di Abidjan, piena di persone, di vecchie auto e di un pesante smog è stato subito soppiantato dalla meraviglia unica che abbiamo incontrato non appena siamo usciti fuori città.

Un meraviglioso ambiente naturale fatto di altissimi alberi e la vista di miriadi di villaggi ci hanno accompagnato lungo l’ultima parte di questo viaggio verso la cooperativa.

Dopo Abidjan sono tornato a respirare aria buona con qualche sfumatura di cacciù.

Questo grande contrasto visto in pochi km mi ha fatto riflettere molto sui modelli occidentali generandomi dei dubbi su quanto effettivamente siano risolutivi per questa parte del mondo.

Diversi villaggi hanno accompagnato il nostro tragitto fino ad arrivare a Tiassalè.

Villaggi incontrati nel tragitto prima di arrivare alla cooperativa

Arrivati alla cooperativa, ci hanno accolto i rappresentanti. Qui ci hanno spiegato come funziona l’aggregazione di sacchi di cacao che gli giungono dalle varie piantagioni. Abbiamo visto il processo di triage che fanno a campione su una rete a maglie per capire se le fave di un sacco sono della dimensione ottimale oppure no. In base alle stagioni le fave possono presentare diverse grandezze. Dopo aver visto questo processo siamo stati guidati in moto fino ad un villaggio dove risiedono 4 planteur.

Processo a campione su rete a maglie per verificare la dimensione ottimale della fave di cacao

Qui ci hanno riservato un’accoglienza davvero unica che mi ha colpito profondamente a livello emotivo e che mi ha fatto comprendere l’enorme generosità di questo popolo. Sono venuto a conoscenza di alcuni rituali e usanze tipiche dell’etnia Baoulé dall’enorme valore umano. Alcuni di loro parlavano solo la lingua etnica e abbiamo messo in atto una triangolazione di traduzioni per comprenderci.

Ho avuto modo di conoscere i quattro planteur del villaggio e sono stato felice di sapere che si trattava di due uomini e due donne (Koffie Amelie, Kouassi Aujilliet, Watralas Nom, Yao Kouado Lasao). Solo uno di loro parlava francese e con un bel cinque alto mi ha messo subito a mio agio invitandomi a visitare la piantagione vicina.

Una vera ed assoluta meraviglia!

Siamo entrati in questa piantagione ricca di frutti di cacao di diverse varietà. Che poesia!

Continuando la visita alla foresta ci fanno vedere anche come viene realizzato il processo di fermentazione raccogliendo le fave in una conca ricoperta di foglie di banano. Nel frattempo un planteur ci regala un casco di banane.

I planteur raccolgono le fave in una conca ricoperta di foglie di banano

Ci vengono mostrati anche i banani e ci viene detto che ognuno di essi produce solo un casco come quello che ci hanno regalato. Ci rassicurano che hanno tante piante di questo frutto.

Chiacchierando ci viene detto che non hanno elettricità e che sono due anni che non hanno acqua, il pozzo da cui si foraggiavano è in panne e l’acqua la recuperano facendo tre km di strada o dalla pioggia che cade.

Ci spiegano che per le piante l’acqua che serve è poca, ne serve un po’ di più solo nella prima fase poi decisamente di meno. Per fortuna l’ecosistema dei banani permette l’assorbimento dell’acqua piovana e la distribuzione radicale.

Torniamo al luogo dove siamo stati accolti e qui ci donano una gallina e dei frutti di papaya augurandoci la protezione di Dio.

Manca l’acqua, manca la corrente, ma non manca la loro estrema gentilezza, ospitalità, umiltà, pace e dedizione verso di noi. Nel mio non saper comunicare con la voce, e, per palesargli la mia gratitudine, d’istinto ho abbraccio tutti. Imma mi spiegherà poi di essere più attento in futuro, non tutte le etnie vedono di buon occhio questa effusione di affetto.

Lungo la strada per tornare verso il magazzino della cooperativa abbiamo visto la scuola: sono sei classi, 30 bimbi per classe e 6 maestri. Tutto finanziato dai membri dei villaggi tranne il quaderno e il libro unico per i bimbi delle prime due classi, a quello ci pensa il Ministero.

Una giornata intensa ma importante che mi ha aperto gli occhi sulla semplicità e genuità dei rapporti umani, la bellezza della natura e su quello che dovrà essere il nostro rapporto con questa cooperativa.

Giacomo.

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